l’Unità – Una legge per le donne – «La violenza sulle donne lede i diritti umani»

di Franca Stella

Una legge per le donne
Nel giorno dei funerali di Fabiana il Parlamento approva all’unanimità la Convenzione di Istanbul contro la violenza
«La violenza sulle donne lede i diritti umani»
• La Camera approva la Convenzione di Istanbul all’unanimità
• L’Italia è la quinta nazione a ratificarlo

ROMA Fabiana Luzzi non lo saprà mai ma la sua morte, orrenda, brutale, insensata, per mano del suo ex ragazzo, ha fatto in modo che si compisse un piccolo miracolo: far passare la ratifica della convenzione di Istanbul del 2011 con l’unanimità della Camera (545 sì su 545 presenti). E mentre la quindicenne di Corigliano Calabro veniva salutata per l’ultima volta da tutto il suo piccolo paese, l’Italia di dotava di uno strumento internazionale per la lotta alla violenza contro le donne. Il provvedimento andrà al Senato, ma c’è da immaginare che, anche qui, l’iter sia veloce. La nostra nazione è la quinta a ratificare il testo della Convenzione dopo Montenegro, Albania, Turchia e Portogallo. Perché la Convenzione diventi applicativa dovranno essere almeno 10 gli Stati che dovranno sottoscriverla di cui almeno 8 componenti del Consiglio d’Europa. La vice ministro degli Esteri, Marta Dassù, sottolinea che il governo è impegnato in una «azione costante nelle sedi internazionali per sollecitare le ulteriori ratifiche per l’entrata in vigore della convenzione». La Convenzione punta a gettare le basi per una forma di tutela completa per le donne intervenendo non solo sul piano della repressione ma anche sul quello della prevenzione, dell’assistenza, della sensibilizzazione culturale e dell’educazione. Con l’espressione «violenza nei confronti delle donne» si intende identificare «una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione contro le donne», che comprende «tutti gli atti di violenza fondati sul genere che provocano o sono suscettibili di provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica, comprese le minacce di compiere tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica, che nella vita privata». L’espressione «violenza domestica» riguarda «tutti gli atti di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all’interno della famiglia o del nucleo familiare o tra attuali o precedenti coniugi o partner, indipendentemente dal fatto che l’autore di tali atti condivida o abbia condiviso I a stessa residenza con la vittima». Un particolare riguardo è dato a tutti quegli elementi e situazioni come la vulnerabilità che nasce dall’età, le condizioni di salute o la disabiliti, status di migrante. In particolare l’articolo 5 sancisce l’obbligo degli Stati di astenersi da qualsiasi atto che costituisca una forma di violenza nei confronti delle donne e di garantire che le autorità, i funzionari, i rappresentanti statali e tutti i soggetti pubblici si comportino in conformità di quello che è un obbligo. Appare quindi opportuno che proprio i funzionari e gli addetti delle forze dell’ordine e del settore giudiziario e medico siano specificamente formati per affrontare tutte le forme di violenza contro le donne. Sempre l’articolo 5 prevede che le nazioni che sottoscrivono la convenzione dovranno adottare le misure legislative e di altro tipo necessarie per esercitare concretamente tutti quegli atti utili a prevenire, indagare, punire i responsabili e risarcire le vittime di atti di violenza contro le donne. «Con l’approvazione della Convenzione di Istanbul – dice l’ex ministro delle Pari opportunità nonché relatore del testo approvato alla camera Mara Carfagna – il Parlamento non ha soltanto introdotto norme moderne ed efficaci contro la violenza sulle donne, ma anche compiuto un gesto simbolico da non sottovalutare. E significativo, infatti, che una delle primissime leggi approvate – con rapidità e consenso unanime – in questa legislatura sia proprio per la sicurezza delle donne, contro il femminicidio. Si tratta certamente di una prova di maturità. «Non c’è più tempo da perdere, uno Stato che non protegge le vittime e che non previene la violenza sulle donne con azioni positive è uno Stato che viene meno alle sue funzioni» ha spiegato invece la deputata del Pd Michela Marzano. Riferendosi alla vicenda di Fabiana Marzano ha aggiunto: «chi l’ha uccisa voleva annientare la sua libertà di essere donna e di decidere per sé. C’è un problema culturale e strutturale dietro questi gesti estremi di violenza sulle donne che va affrontato subito». L’approvazione della Convenzione di Istanbul, spiega invece Edda Samory, presidente nazionale dell’Ordine degli Assistenti Sociali «segna una tappa importante nel diritto, contro la piaga del femminicidio nel nostro Paese» ma «la ratifica da sola non può certo fermare la strage». «E fondamentale un impegno culturale, sociale e civile e un forte sostegno ai centri antiviolenza e ai servizi che seguono le vicende familiari, visto che la violenza troppo spesso viene annunciata. La violenza sulle donne si combatte non con risposte fragili ma con servizi forti e competenti». Quelli che Corigliano non c’erano e che avrebbero potuto salvare la vita a Fabiana.

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