ItaliaOggi – Stalking, vittime superprotette. Gli indagati stiano alla larga. Anche da incontri casuali

di Simona D’Alessio

Indagati per stalking obbligati ad allontanarsi da qualunque posto in cui possa accadere (anche «imprevedibilmente») di incontrare la propria vittima: la sola «predeterminazione» di luoghi off-limits per chi è accusato di atti persecutori limita, infatti, in modo «inammissibile» il libero svolgimento della vita sociale della persona offesa. È quanto si legge in un verdetto, emesso ieri dalla V sezione penale della Cassazione, che ribalta i precedenti pronunciamenti orientati a «non comprimere» la facoltà di movimento del presunto molestatore, fissando un elenco dettagliato di spazi da evitare. La sentenza convalida, pertanto, una maggiore protezione a una donna pugliese che aveva denunciato l’ex marito per maltrattamenti (estesi anche alle due figlie della coppia), ma l’uomo, scontato un periodo di custodia cautelare ai domiciliari, aveva richiesto la cessazione del divieto di avvicinamento, ritenendolo generico e penalizzante.
Ma, secondo i giudici della Suprema Corte, proprio tale proibizione non può essere allentata, perché riveste «primaria importanza» nella garanzia della libertà di movimento e di relazioni sociali della persona offesa da «possibili intrusioni dell’indagato», azioni che, facendola temere per la propria incolumità, finirebbero per «condizionare e pregiudicare la fruizione di queste libertà».
L’indicazione, dunque, si amplia e diventa perentoria: un’accusa di stalking (reato introdotto nel nostro codice penale dalla legge 38/2009) non solo fa sì che scatti l’obbligo di stare alla larga da tutti i luoghi «canonici» come l’abitazione della vittima e la sua sede lavorativa, ma bisogna cambiare strada qualora ci si imbatta casualmente nella parte lesa, indipendentemente dal fatto che ci si trovi in un’area inclusa nell’elenco allegato alla misura cautelare del divieto di avvicinamento emesso dai magistrati.
Un rafforzamento della prevenzione e del contrasto alla violenza di genere, il cosiddetto «femminicidio», è contenuto nel decreto sicurezza (93/2013) varato il mese scorso dal governo e ora all’esame di Montecitorio: prendono il via oggi, nelle commissioni riunite Affari costituzionali e Giustizia, le audizioni sul testo che dovrà essere convertito in legge entro il 16 ottobre.

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