Il Messaggero – Femminicidio, dubbi sulla legge. Salta l’accordo, il decreto slitta

di Sonia Oranges

ROMA Frena alla Camera il decreto legge sul femminicidio, mentre permangono i dubbi sulla reale efficacia della normativa. Il decreto, che scade il 15 ottobre, ha subito il primo rallentamento a Montecitorio: troppi gli emendamenti presentati, 414 in tutto. Una mole di proposte di modifica il cui esame è iniziato nel pomeriggio e continuato anche in notturna.

Presentati alla Camera 414 emendamenti, provvedimento a rischio
IL CASO
ROMA Il decreto legge sul femminicidio frena alla Camera, mentre permangono i dubbi sulla reale efficacia della normativa.
Benché ieri la presidente della Camera Laura Boldrini auspicasse che «le questioni di genere divengano oggetto di insegnamento» nelle scuole, e il ministro all’Istruzione Maria Chiara Carrozza confermasse che «la scuola è in prima linea per diffondere un messaggio culturale di rispetto, di un modo di stare insieme che rifiuti la
violenza di genere in ogni sua forma», il decreto, che scade il 15 ottobre, ha subito il primo
rallentamento a Montecitorio: troppi gli emendamenti presentati, 414 in tutto.

LA FRENATA
Una mole di proposte di modifica, il cui esame è iniziato nel pomeriggio e continuato anche in notturna, tanto che l’ufficio di presidenza congiunto delle commissioni Affari costituzionali e Giustizia ha deciso all’unanimità di chiedere formalmente alla riunione dei capigruppo di rinviare l’avvio della discussione del testo in aula, calendarizzato per oggi, a mercoledì 2 ottobre. Richiesta che è stata accolta ma che mette a rischio l’effettiva conversione in legge della normativa proposta dal ministro dell’Interno Angelino Alfano, visto che finito il lavoro della Camera, al Senato resterebbero difatti pochissimi giorni per confermare il testo.

LE CRITICHE
Contro questa legge, nelle ultime settimane, si sono levate numerose voci critiche. A cominciare dall’irrevocabilità della querela da parte della vittima di stalking e dall’anonimato garantito a chi segnali un atto di violenza alle forze di polizia, come già sottolineato dall’associazione degli avvocati matrimonialisti. L’anonimato della denuncia, infatti, è vietato dal codice di procedura penale, e presta il fianco a possibili delazioni o a un uso strumentale di quella che, in teoria, vorrebbe essere un’ulteriore opzione per difendere le donne vittime di maltrattamenti. Mentre l’irrevocabilità della querela, potrebbe frenare piuttosto che favorire le denunce: chi è avvezzo
alla drammatica casistica della violenza domestica, sa che le donne uscite allo scoperto si sono esposte a ulteriori minacce finalizzate al ritiro della querela. Ma sanno anche che proprio l’irrevocabilità di quella scelta potrebbe terrorizzarle più della violenza stessa.

L’ESPULSIONE
Inoltre, l’intervento delle forze dell’ordine per l’allontanamento urgente del coniuge o familiare ritenuto violento, secondo gli avvocati, dovrebbe essere preceduto dalla verifica dei maltrattamenti da parte di un magistrato. Pena l’inutilità dell’intervento che, se avvenuto successivamente alla violenza, potrebbe essere non suscettibile di effetti giuridici. Senza contare le false denunce di stalking o violenza presentate da uno dei due coniugi, ricordate sempre dagli avvocati matrimonialisti, per far sì che il giudice rifiuti l’affido condiviso dei figli,
in sede di separazione.

L’INTERVENTO
Limitare l’intervento alle sole misure di polizia, insomma, non risolve il problema, come ha confermato di recente Annamaria Bernardini de Pace, autorevole esperta di diritto di famiglia: «È un progetto di stampo anglosassone, di quelli che si vedono nei telefilm americani. Solo che lì intervengono in tempi rapidissimi, il giudizio è praticamente immediato e allora può avere un senso. In Italia, questa norma rischia di essere un gigantesco spot per far vedere che si fa ma in realtà non si fa»

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