Corriere della Sera – «Ecco il mio viso sfregiato dall’acido. Aiuterò le donne vittime di violenza»

di Giusi Fasano

«Il 18 settembre compio 36 anni e per me questo sarà anche l’anno zero. Sarò un’altra Lucia per tutta la vita, non posso continuare a nascondermi. Che vedano pure come mi hanno ridotta, non sono certo io che devo vergognarmi…»
(Lucia Annibali)

Deve avere una sua fonte speciale di energia, questa donna in camicia da notte seduta sulla punta di un letto della Chirurgia plastica, ospedale di Parma. Ne pesca un po’ ogni volta che la salita si fa più ripida. Come adesso.
«Sicura di volerlo fare?».
«Sicura».
L’aveva promesso a se stessa il giorno che lo specchio si rifiutò di mostrare la sua vecchia faccia: «Prima o poi esco allo scoperto e mi mostro al mondo. Che vedano pure come mi hanno ridotta, non sono certo io che devo vergognarmi…».
Ecco. È arrivato il momento.
Lucia Annibali seleziona fotografie dal book della sua nuova esistenza. «Sono pronta. Del resto sarò un’altra Lucia per tutta la vita, non posso continuare a nascondermi. Il 18 settembre compio 36 anni e per me questo sarà anche l’anno zero. Rinasco. Ricomincio tutto daccapo con la mia nuova faccia, con il naso un po’ così, con gli occhi fra l’orientale e la riempita di botte, con le sopracciglia da tatuare e la bocca buona per sorridere, finalmente, dopo l’ultima operazione. Ma posso fare di meglio e di più. Sono sicura che so fare di meglio e di più».
Sette volte sotto i ferri e non è finita né lo sarà mai. Niente sarà più come prima e lo sapeva fin troppo bene chi l’ha voluta sfregiare così, una sera di cinque mesi fa. Lei rientrava a casa, a Pesaro, uno sconosciuto incappucciato l’aspettava dentro l’appartamento «armato» di un barattolo di acido. Nemmeno il tempo di aprire la porta e quel liquido è finito sulla fronte, sugli occhi, sulle guance, ha fatto il suo lavoro, ha corroso la pelle in un momento. È colato giù, verso il mento mentre Lucia sentiva la faccia «friggere», come dice lei, mentre urlava e urlava, «è stato lui, il mio ex».
Luca Varani, l’avvocato un tempo tanto amato, è in carcere. È accusato di lesioni gravissime, stalking e tentato omicidio. «È il mandante dell’aggressione» dice il pubblico ministero Monica Garulli che ha fatto arrestare anche i due albanesi esecutori materiali dell’agguato. Uno ha tirato l’acido, l’altro ha fatto da palo.
Quella dell’amore fra Luca e Lucia è la storia di un rapporto malato, il racconto di un legame strappato e ricucito più volte fino a quando la tela dei sentimenti non ha più retto. E dopo l’addio è stato un crescendo di risentimento e persecuzione. Così la riassumono i venti carabinieri che hanno lavorato giorno e notte al «caso Annibali» e così ha raccontato Lucia che ha interrogato i suoi ricordi mille volte per aiutarli a mettere assieme le accuse.
«Quello che so di lui è nelle carte, fuori dall’inchiesta non voglio più nemmeno nominarlo. La sua sorte non mi interessa minimamente. Devo pensare a me e a guarire il più possibile, lo devo a me stessa. Voglio riordinare la vita partendo proprio da quello che mi è successo. Devo dire la verità, non sto morendo dalla voglia di tornare al mio lavoro di avvocatessa, e invece mi piacerebbe moltissimo aiutare in qualche modo gli ustionati, occuparmi delle donne schiacciate da uomini inetti e incapaci di convivere con le loro fragilità. Alle donne voglio dire “voletevi bene, tanto, tantissimo. Credete in voi stesse e sappiate che ogni atto di violenza subita non dipende mai da voi che amate l’uomo sbagliato ma da lui che lo commette”. Agli ustionati come me invece dico di tenere duro e avere pazienza, tanta pazienza».
Parole che vengono dalla sua fonte speciale di energia. La stessa che le faceva muovere un braccio al ritmo della musica mentre, ricoverata subito dopo l’aggressione, aveva il volto bendato e i medici pensavano ancora che quasi certamente sarebbe rimasta cieca. Non avevano fatto i conti con la sua forza di volontà. Non avevano ancora imparato a conoscere la Lucia dalle mille risorse. «Non posso rimanere cieca. Non posso». E non lo è. «Guarda un po’ questo». Mostra il video di se stessa quando era imbacuccata nelle bende. «L’ha girato mio fratello. Sembro o no una mummia che balla?».

Oggi Lucia scrive lettere e biglietti. Appunti di vita in ordine sparso per ringraziare, consigliare, riflettere. Li fa leggere al primario che la fa ridere prendendola un po’ in giro, alla dottoressa che controlla i progressi della sua pelle, qualche volta ai suoi genitori, al fratello o agli amici più stretti. «Ho sperato e sopportato i dolori più intensi e le notti più buie» scrive in una di quelle lettere. «L’ho fatto per tornare alla vita. E in parte ci sono riuscita, ma la strada è ancora lunga. Sono grata a tutte le persone che ho incontrato, a chi ha avuto un pensiero per me, per aver reso incredibile il mio viaggio di ritorno… ogni giorno è un po’ più facile di quello precedente».

Il 18 settembre è dietro l’angolo. «Voglio celebrare la vita, l’amore e l’amicizia». I 36 anni della Lucia che è stata e l’anno zero della Lucia che verrà. E pazienza se per strada qualche volta si sentirà spiata dagli sguardi della gente. «Io sono così, prendere o lasciare». Sfregiata, sì. Ma la deformità è nella testa di chi ha voluto tutto questo.

[Fonte: 27esimaora.corriere.it]

Corriere della Sera – Aiutero’ le donne vittime di violenza
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