Avvenire – Pakistan Rimsha, il giudice la tiene in carcere per altri 14 giorni. Oggi udienza decisiva per la libertà su cauzione. Nuovi attacchi agli abitanti del suo villaggio

di Stefano Vecchia

Persecuzione in Pakistan. Paul Bhatti «ottimista» sulla possibile scarcerazione nei prossimi giorni: «La minoranza però non esasperi i toni»

La proroga decisa per «cercare nuovi elementi d’indagine» sulla minorenne disabile accusata di blasfemia

Altre due settimane di attesa nella custodia della sezione femminile del carcere di Adiyala, a Rawalpindi, per Rimsha Masih, la bambina cristiana accusata di blasfemia fermata il 16 settembre con un provvedimento che con ogni probabilità ha impedito il suo linciaggio da parte di una folla di fanatici musulmani. Al termine della breve udienza, a cui non erano presenti né l’avvocato della piccola né i familiari, un funzionario di polizia ha fatto sapere che il rinvio servirà a raccogliere altri elementi utili all’indagine. Una decisione che non interferisce con la richiesta di scarcerazione dietro cauzione su cui dovrà oggi pronunciarsi il giudice Jawad Abbas. Sulla piccola Rimsha, per la quale nei giorni scorsi un rapporto medico ha stabilito un’età non superiore ai 14 anni e capacità mentali molto inferiori a quelle delle coetanee, pesa la denuncia per blasfemia avanzata da un notabile musulmano che sostiene di averla vista mentre bruciava pagine di un libro propedeutico allo studio del Corano. Riguardo alla decisione del giudice di prolungare la carcerazione preventiva, il vescovo di Islamabad-Rawalpindi monsignor Rufin Anthony ha sottolineato come sia «triste vedere la bambina ancora dietro le sbarre». Il prelato, intervistato da AsiaNews, ha aggiunto che le organizzazioni umanitarie hanno promosso «uno sforzo enorme» a favore di Rimsha. Una vicenda che ancora una volta ha riacceso il dibattito sull’abuso della legge che vorrebbe salvaguardare la fede islamica praticata dal 97 per cento dei pachistani, ma che è pretesto anche per azioni discriminatorie e abusi. Per questo, da tempo leader moderati, sia cristiani che musulmani cercano di aprire spazi di dialogo che servano anche a salvaguardare la vita di chi, come Rimsha, rischia di diventare vittima di fanatici che non ne accetterebbero una probabile scarcerazione. «Sono ottimista sulle possibilità che Rimsha Masih venga liberata» e se la scarcerazione non sarà già decisa oggi, è molto probabile che «verrà disposta nei primi giorni della prossima settimana», ha fatto sapere Paul Bhatti, consigliere speciale del primo ministro per l’armonia nazionale. Bhatti ha chiesto ai suoi correligionari di non inasprire i toni e ad operare all’interno della legge. Infatti, come ha comunicato a Fides il direttore delle Pontificie Opere missionarie del Pakistan, padre Mario Rodrigues, «se Rimsha diventa un simbolo, la sua liberazione sarà molto più difficile». «Siamo felici per l’appoggio ricevuto da leader musulmani che si sono espressi pubblicamente in favore di Rimsha. Credo – ha concluso padre Rodriguez – che nell’opinione pubblica qualcosa stia cambiando, anche a proposito della legge sulla blasfemia, che da anni noi critichiamo». L’attesa per la sorte della ragazzina riguarda anche coloro che con lei condividevano la vita nel ghetto della capitale di Vleherabad, villaggio evacuato per il timore di aggressioni dal 17 agosto. Nei giorni scorsi, centinaia di cristiani evacuati sono state costretti a lasciare un’area boschiva dove avevano trovato rifugio. La polizia, intervenuta su richiesta di musulmani, ha demolito le loro abitazioni provvisorie e – secondo alcune fonti – anche un piccolo luogo di culto, costringendoli a rifugiarsi in un vicino parco pubblico da dove temono di essere presto allontanati.

L’ALTA CORTE: «È ANTICOSTITUZIONALE LA LEGGE CONTRO LE CONVERSIONI»
La legge anticonversione approvata nello Stato del Hhimachal Pradesh (nel Nord dell’India) è, in alcune parti, «anticostituzionale». Infatti «una persona non solo ha il diritto alla libertà di coscienza, il diritto a professare una fede, il diritto di modificare la sua fede, ma ha anche il diritto di tenere le sue convinzioni segrete». È una sentenza storica – come commenta l’agenzia “Fides” – quella dell’Alta Corte dell’Himachal Pradesh, emessa dai giudici Deepak Gupta e Rajiv Sharma. Il ricorso era stato presentato nel 2011 da un gruppo di organizzazioni cristiane che avevano impugnato la «Legge sulla Religione», emanata nel 2006 ed entrata in vigore nel 2007. Positivo il commento di padre Dominc D’Abrio, portavoce della Conferenza episcopale dell’India: «É un passo molto positivo, i cristiani ne avranno grande beneficio. La sentenza potrebbe costituire un precedente e avere un effetto domino, incoraggiando ricorsi contro altre leggi anticonversione, dello stesso genere, in vigore in altri stati della Federazione indiana». Il primo stato ad approvare una legge che vieta le conversioni era stato l’Orissa nel 1967, seguito dal Madhya Pradesh nel 1968 e dall’Arunachal Pradesh nel 1978.

Avvenire – Rimsha, il giudice la tiene in carcere Oggi udienza decisiva
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