La Stampa – I femminicidi aumentano nonostante la nuova legge

Il monitoraggio de La Stampa: 103 vittime nel 2013 contro le 93 dell’anno prima

Femminicidio - LaStampa.it

di Raphaël Zanotti

TORINO
Il primo caso del 2013 è già un enigma. È il 5 gennaio quando Carolina Picchio, 14 anni appena, si getta dal balcone di casa a Novara. Suicidio. In seguito si scoprirà che la ragazza aveva visto in poche ore trasformare la sua vita in un incubo: dopo aver subito una violenza sessuale di gruppo, qualcuno l’aveva filmata e aveva postato le immagini su Facebook. È un suicidio, quindi non tecnicamente un omicidio. Sono indagate 8 persone, tra cui una compagna. Carolina Picchio è la prima vittima dell’anno di un femminicidio? La violenza che ha subito, può rientrare in quel concetto di dominanza, di sopruso, che colpisce le donne in quanto tali?
Rispondere è difficile. Com’è difficile combattere un fenomeno che però, ormai, conoscono tutti. Nel 2013 sono stati fatti grandi passi in avanti. È stata ratificata la convenzione di Istanbul, è stato promulgato un decreto ad hoc, poi trasformato in legge a ottobre. Le istituzioni, i media, gli eventi: tutti ne hanno parlato. Eppure, dato paradossale, il numero di femminicidi nel 2013 è stato superiore rispetto al 2012.
Da due anni La Stampa esegue un monitoraggio attraverso varie fonti aperte (giornali, siti web, lanci di agenzia) tentando di dare conto di una piaga che, più la si indaga, più mostra sfaccettature inedite. Non a caso il lavoro di monitoraggio distingue tra femminicidi «puri» e omicidi «generici», considerando questi ultimi come casi borderline, che potrebbero rientrare, ma di fatto non rientrano. È un lavoro discrezionale, è vero, ma per ora non ci sono statistiche ufficiali. E il trend che mostra, in ogni caso, corrisponde a quello di altre statistiche. Quest’anno i femminicidi avvenuti lungo lo stivale sono stati 103 contro i 93 del 2012. Tendenza confermata anche dalla Casa delle Donne di Bologna. «Seppur in lieve aumento, possiamo dire che i dati sono stabili da anni perché il fenomeno è endemico» spiega Angela Romanin, vicepresidente dell’associazione bolognese.
Che sia endemico è sempre più vero. La differenziazione geografica è più omogenea rispetto al 2012. Il Nord continua a essere il luogo dove si uccide di più (39 vittime) rispetto al Centro (30) e al Sud e Isole (34). Ma c’è stato un riequilibrio. Nel 2012 il Nord viaggiava su percentuali impressionanti (53 vittime rispetto alle 11 del Centro e alle 29 di Sud e Isole).
Interessante anche l’andamento mensile che mostra una curiosa coincidenza: a fronte di un picco basso, in entrambi gli anni, nel mese di agosto (una vittima nel 2012, sei nel 2013) corrisponde un picco nel mese immediatamente successivo (sette donne uccise nel 2012, dieci nel 2013).
Altra curiosità: il 2013 ha visto più vittime negli ultimi mesi dell’anno rispetto al 2012. Proprio i mesi in cui il decreto legge prima e la legge poi erano vigenti. Ma non c’è alcuna correlazione. «Le politiche di contrasto sono doverose, ma ci vuole tempo perché sortiscano i primi effetti – spiega ancora Angela Romanin -. È la cultura di un Paese che va cambiata, e non lo si fa per legge. Nei centri antiviolenza, però, abbiamo notato un maggior attivismo delle forze dell’ordine sugli arresti e sulle richieste di ordini di protezione. Siamo nella direzione giusta».
Parlare di numeri è limitativo. Possono aiutare ad analizzare un fenomeno, ma è evidente che dietro queste cifre ci sono drammi e vite scippate. Donne uccise per gelosia. Donne uccise perché avevano lasciato. Donne uccise perché maltrattate per anni. Donne uccise perché donne.
I numeri, però, possono aiutare a scoprire anche aspetti oscuri, che sfuggono quando ci si trova di fronte all’abisso e all’efferatezza dei delitti. Proprio inquadrando gli omicidi borderline che sfuggono a un’interpretazione letterale del femminicidio, si scopre che in molti casi i primi indiziati sono i figli maschi che vivono con loro (11 casi nel 2012, 18 nel 2013). È forse il segno di un rapporto di dominanza che si è creato fra le mura domestiche e che, pur sfuggendo alle definizioni ufficiali, mostra quanto il femminicidio affondi le radici in un terreno fertile, dove equilibri di potere malati e stravolti, gettano le basi della violenza di genere. Ci sarà ancora molto da lavorare. Il 2014 è appena iniziato. L’augurio è che sia l’anno della svolta, quello in cui il fenomeno endemico che mostrava dati stabili, cominci a vedere un declino delle statistiche.

[Fonte: www.lastampa.it]