Conquiste del Lavoro – Una storia incompleta

La terribile vicenda di Roberta Lanzino, violentata e uccisa da ignoti

di Elisa Latella

Era il 26 luglio 1988. Non si parlava molto del problema della violenza sulle donne, soprattutto in Calabria. Nessuno allora diceva che è la prima causa di morte delle donne nel mondo.
Quel giorno moriva Roberta Lanzino, una studentessa di 19 anni, violentata e uccisa da ignoti. Aveva fatto notizia. Una notizia che a distanza di oltre vent’anni è una storia incompleta, la cui memoria sta tra l’altro svanendo. E invece la memoria è sacra. “Roberta Lanzino, ragazza” è il primo fumetto italiano dedicato a una vittima della violenza maschile, realizzato da Celeste Costantino e “Marina Comandini. Il libro fa parte del progetto Libeccio, la collana dei fumetti antimafia della casa editrice Round Robin. 112 pagine ricostruiscono minuto per minuto il giorno prima del ritrovamento del corpo di Roberta Lanzino, avvenuto alle 6:30 del 27 luglio 1988. Le autrici Celeste Costantino e Marina Comandini definiscono la tragedia un caso di femminicidio, sul cui sfondo aleggia l’ombra di personaggi legati “alla ‘ndrangheta, come appare evidente anche dalla prefazione di Carlo Lucarelli, che ha dedicato al caso una puntata della trasmissione Blu notte e dalla post fazione di Francesco Forgiane, ex presidente della “commissione Antimafia. Nelle tavole del fumetto emerge il contrasto tra ciò che è normale e ciò che non dovrebbe mai accadere. Da un lato il mondo spensierato universitario, fatto di file in segreteria e alla mensa, di alloggi sovraffollati, laserena atmosfera familiare e la prospettiva di una serena vacanza estiva a Torremezzo. Dall’altro la tragedia di una sera, le ombre di uomini (una delle tavole più significative del fumetto) che in realtà sembrano simbolicamente ombre di bestie feroci. Il giorno di vacanza che si aspetta dalle primissime pagine del fumetto non arriverà mai per Roberta. “L’ultimo giorno” viene invece ricostruito minuto per minuto: lei parte per la località turistica in motorino poco prima dei genitori, che la raggiungeranno in macchina: per evitare le gallerie e la velocità della strada principale, fa una strada secondaria, che passa dalla campagna. Si ferma a chiedere qualche indicazione a persone che inseguito ricorderanno di aver notato un’auto che la seguiva. L’ultimo a vederla in vita è Luigi Frangella, un manovale che ha un fratello, Rosario, con disturbi psichici. Loro due ed il cugino Giuseppe finiscono sottoprocesso. Un processo che però è strano, ci sono contraddizioni, sembra che si debba coprire qualcuno. Nel 2007 vengono riaperte le indagini: pare che un unico filo leghi gli omicidi di un maresciallo di polizia penitenziaria, di un allevatore, Luigi Carbone, e di Roberta. Il filo condurrebbe a Francesco Sansone, responsabile del delitto Lanzino insieme a Luigi Carbone (che sarebbe stato poi messo a tacere in via definitiva) e dell’uccisione del maresciallo che si era messo contro la cosca del boss Alfredo Sansone. La matassa viene allentata tramite le dichiarazioni di un altro boss della ‘ndrangheta, Franco Pino. Del delitto Lanzino era a conoscenza anche Rosaria Genovese, una casalingache, proprio per questo motivo era stata ritrovata nel 1990 in fondo a un pozzo. Sapere è comunque pericoloso in Calabria, anche se si tace. Una catena di tragedie. Perché Roberta è morta? Chi poteva avere interesse a violentare e uccidere una ragazza figlia di un dipendente di banca e di un’insegnante di lettere? Perché creare una rete di depistaggi per lasciare il vero colpevole nell’ombra? Il processo è ancora in corso. Sono passati più divent’anni. Quasi in silenzio. Un silenzio interrotto dagli squilli del telefono rosa di Calabria, che da più di vent’anni ascolta storie di violenza di queste parti. Costantino e Marina Comandini, Roberta Lanzino, ragazza Celeste, Round Robin Editrice, Roma, ottobre 2012 pp. 112

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