Avvenire – Dalla Camera ok a Carta di Istanbul

di Luca Liverani

Violenza alle donne: un’arma in più per combatterla
La Camera ratifica all’unanimità la Convenzione contro la violenza alle donne.
Passa anche l’ordine del giorno firmato da tutti i gruppi: trattato da applicare nei limiti della Costituzione, visto che il testo contiene una definizione ampia di «genere».
Prima ratifica alla Convenzione che passa ora al vaglio del Senato. L’Italia è la quinta nazione ad approvare il trattato che dovrà essere sottoscritto da 10 Paesi, 8 dei quali del Consiglio d’Europa. Arginati i tentativi di introdurre argomenti fuori tema, ovvero il gender

Unanimità. La Camera ratifica con 545 si su 545 presenti la Convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne. Ora il testo dovrà essere votato anche al Senato. L’Italia è la quinta nazione ad approvare il trattato, dopo Turchia, Montenegro, Albania e Portogallo. Perché venga applicato, dovrà essere sottoscritto da almeno 10 Paesi, 8 dei quali membri del Consiglio d’Europa. Il clima da “larghe intese” sembra smussare nell emiciclo le contrapposizioni ideologiche, depotenziando sul nascere qualche tentativo di introdurre argomenti fuori tema, ovvero il gender. Possibilità cui poteva prestarsi la Convenzione là dove, all’articolo 3, dice che la «violenza nei confronti delle donne» comprende «tutti gli atti di violenza fondati sul genere». Ma l’approvazione – con parere positivo del governo – di diversi ordini del giorno, ribadisce che la Convenzione va applicata nei limiti dei principi costituzionali, che parlano solo di uomo e di donna. Come l’ordine del giorno firmato significativamente da Carfagna (Pdl), Mogherini (Pd), Spadoni (Cinque stelle), Marazziti (Scelta civica), Scotto (Sel), che richiama «i principi costituzionali a cui il governo ha fatto riferimento all’atto della sottoscrizione della Convenzione il 27 settembre 2012». Vale a dire la nota verbale del governo Monti con cui si annunciava che l’Italia avrebbe ratificato il trattato nel rispetto della Costituzione, perché la definizione di genere data dal Consiglio d’Europa era troppo ampia. Soddisfatta Paola Binetti di Scelta civica: «La Convenzione presenta una sostanziale coerenza con i principi della Costituzione: l’articolo 2 che riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, il 3 per cui tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge senza distinzioni di sesso, il 32 che tutela la salute». Per l’esponente centrista «non si sentiva alcun bisogno di introdurre il concetto di genere in un trattato in cui al centro dell’attenzione c’è la donna in evidente e chiara contrapposizione con il maschio». Per Eugenia Roccella, del Pdl, la Convenzione «è uno strumento con luci e qualche ombra perché la definizione troppo ampia di violenza rischia di essere mala interpretata: in Italia ci sono isole di Sharia dove si praticano le mutilazioni genitali e luoghi dove anche solo un insulto può essere considerato come violenza. L’importante è come verrà applicata. “Tengo a ricordare comunque che è la Costituzione, da molti continuamente invocata, che non prevede la definizione di gender». La violenza sulle donne comunque resta il tema prevalente nelle dichiarazioni di voto. Milena Santerini, di Scelta civica, punta il dito contro «lo sfruttamento da parte dei media del corpo della donna», humus di una cultura violenta. Federica Mogherini, del Pd, sottolinea con orgoglio come la Convenzione sia «la prima legge varata da questo Parlamento. Ora anche il Senato faccia in fretta». E chiede che «si rafforzi la rete dei centri anti-violenza per dare risposte organiche, non spot». Gli unici “sconfinamenti” arrivano da Pia Locatelli, del Misto, che invita il governo a evitare le puntualizzazioni a proposito della definizione troppo ampia di genere. E’I'itti Di Salvo, di Sel, secondo cui la lotta alla violenza femminile passerebbe anche dal contrasto all’omofobia, alla tran-sfobia e nell’affermazione dei diritti delle coppie gay. Ma il voto unanime e il sì agli ordini del giorno mantiene diritta la barra. che cos’è Un primo passo contro gli abusi La Convenzione in materia di prevenzione e con-trasto della violenza sulle donne, chiamata Convenzione di Istanbul, è stata approvata dal Comitato dei ministri dei Paesi aderenti al Consiglio d’Europa il 7 aprile 2011 e aperta alla firma dall’I l aprile 2011. Si tratta del primo strumento internazionale giuridicamente vincolante che crea un quadro giuridico completo per proteggere le donne contro qualsiasi forma di violenza. La Convenzione ha tra i suoi principali obiettivi l’individuazione di una strategia condivisa per il contrasto della violenza sulle donne, ma anche la prevenzione della violenza, la protezione delle vittime e la perseguibilità penale degli aggressori. La Convenzione mira inoltre a promuovere l’eliminazione delle discriminazioni per raggiungere una maggiore uguaglianza tra donne e uomini. Ma l’aspetto più innovativo del testo è senz’altro quello di riconoscere la violenza sulle donne come una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione. Nella Convenzione, tra l’altro, viene riconosciuta ufficialmente la necessità di azioni coordinate, sia a livello nazionale che internazionale, tra tutti gli attori a vario titolo coinvolti nella presa in carico delle vittime e la necessità di finanziare adeguatamente le azioni previste per la prevenzione ed il contrasto del fenomeno. E prevista anche la protezione e il supporto ai bambini testimoni di violenza domestica e viene chiesta la penalizzazione dei matrimoni forzati, delle mutilazioni genitali femminili e dell’aborto e della sterilizzazione forzata. Paola Ricci Sindoni: «Questo sia l’inizio di impegno concreto» «Contrastare la violenza alle donne è dovere di ogni Stato democratico e ci auguriamo che la ratifica della Convenzione di Istanbul sia il primo atto di un impegno concreto», commenta Paola Ricci Sindoni, presidente nazionale dell’Associazione Scienza &Vita. «Non siamo in presenza di un “fenomeno” passeggero di devianza, ma di un virus trasversale, diffuso in tutto il Paese, cui nessuna categoria sembra immune: giovani e adulti, professionisti e disoccupati, immigrati e italiani. La cronaca — è l’analisi di Scienza &Vita — ci restituisce storie terribili di abusi e prevaricazioni, che ci parlano di un modello culturale di spersonalizzazione in cui la donna è ridotta a un mero oggetto di proprietà». Sindoni ipotizza anche «che l’enfasi eccessiva da parte dei mass media su questi eventi delittuosi, scateni tristemente una condotta mimetica. Sembra che si siano smarriti gli strumenti per una relazione uomo-donna all’insegna del reciproco rispetto e a tutela della differenza di ciascuno». Dunque «è necessario modificare la diffusa subcultura della microviolenza quotidiana, che spesso si traduce in gesti di intolleranza omicida». Un emergenza sociale contro cui «mettere efficacemente in pratica alcune necessarie misure di prevenzione, per una cultura della relazione a partire dall’educazione dentro la famiglia sino alla scuola. La politica faccia la sua parte, applicando efficacemente tutti i mezzi messi a disposizione dalle leggi».

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